
Abbiamo trascorso le festività natalizie e sulle tavole delle famiglie non saranno mancate le tradizionali prelibatezze nei giorni lieti tra dicembre e gennaio quando la natura ovattata ci induce ad un raccoglimento interiore soprattutto di fronte ai silenziosi paesaggi, magari coperti di neve, con un cielo argenteo striato da linee dorate di un sole che, pur non vedendosi, è presente. Un panorama solitario e sidereo tipico delle grandi distese del nord Europa che associo all’albero di Natale mentre il presepe mi invita a pensare all’alacrità dell’uomo e della terra. In fondo l’albero ed il presepe rappresentano questo sposalizio tra terra e cielo in una polarità esterno-interno dell’inverno dove ai quieti scorci naturali corrisponde l’intensa attività del loro sottosuolo. E’ il ciclo della vita sempre in movimento con i suoi protagonisti anche quando l’uomo non li avverte, ultimamente ancor meno, e tra questi attori primari vi sono i vermi il cui nome, chissà poi per quale motivo, noi utilizziamo per stigmatizzare comportamenti immorali quando in realtà sono veri e propri giganti nobili e preziosi per il bene del pianeta e lo si evince dall’accorato appello rivolto all’Eliseo dall’agronomo Christophe Gatineau affinché venga rispettato il patto per la loro salvaguardia, indispensabile al recupero della biodiversità voluto dai cittadini francesi.


Perché questo appello a difesa dei lombrichi? Molto semplice, ne stanno morendo in quantità allarmante per via dei pesticidi. Ora, senza questi veri e propri maratoneti capaci di scavare e trasportare prezioso materiale organico dalla superficie fino alle profondità, la terra sarebbe destinata alla sterilità. Da anni la discussione sull’uso dei prodotti chimici in agricoltura, soprattutto del glifosato, ha aperto un dibattito ferrato ma ultimamente si sta assistendo alla curiosa critica dell’agricoltura biologica ritenuta una banale utopia in tempi in cui non ci possiamo permettere rigurgiti di una visione romantica della natura incapace di soddisfare il fabbisogno alimentare del pianeta. Per non parlare poi della biodinamica condannata quale ciarpame magico-esoterico condito da un pizzico di astrologia e stregoneria. Ben venga il confronto tra le parti ma arrivare al punto di considerare gli agricoltori biologici come ingenui sognatori o pericolosi eretici solo perché si ostinano a praticare quella che altri hanno deciso etichettare come un’agricoltura del passato non credo sia di buon senso. Forse necessitiamo tutti di maggiore spirito di collaborazione e di umiltà, parola che tanto somiglia a humus, provando a lavorare come fanno i vermi per il bene della terra e lasciando perdere i tanti slogan. La scommessa più grande è riuscire a concepire una visione d’insieme che coinvolga tutti gli attori tenendo conto dei pro e contro con uno spirito di partecipazione ed aderenza al futuro dello sviluppo di una sana agricoltura.
Perché il lombrico è saggio? La scienza ci spiega che lo è per adattamento evolutivo che ne ha affinato la specifica attitudine, non a caso raggruppiamo gli animali in specie poiché specialisti in univoci comportamenti: l’aquila ha una vista acuta ma non nuota come un delfino e non corre come un ghepardo. L’uomo invece si pone in un senso più universale essendo in grado cioè di nuotare, correre e quant’altro ma non come gli animali. Domina però tutti gli animali sopperendo alla carenza fisica grazie alla capacità di auto riflessione e ragionamento che spazia in ogni dove mentre l’intelligenza animale è adibita, come dicevamo, solo alla tipologia della specie, nella sostanza ad un topo non viene in mente di comportarsi come una scimmia. In questo mondo ordinato si colloca dunque l’uomo con una libertà totale da cui consegue la grande responsabilità verso il pianeta.

All’uomo manca la saggezza innata del mondo animale e vegetale, deve conquistarla a caro prezzo ma chi paga il conto è soprattutto il pianeta.
Oggi la natura soffre perché l’uomo continua a giustificare con deboli teorie i disastri che compie o, ancora peggio, volta la testa dall’altra parte facendo finta di niente.
Sì, l’uomo è diverso dagli animali ma possiamo affermare ironicamente che però prende spunto dal gattopardo ma da quello che ha dato titolo al romanzo dove la morale-immorale era il fare finta di cambiare le cose affinché restassero come prima.
Questo cambiare tutto per non cambiare niente accade nei summit internazionali sulla salvaguardia del pianeta, belle parole a cui segue il nulla. Per nostra fortuna c’è chi, come il lombrico, continua a svolgere il suo silenzioso ma alacre lavoro ma per quanto ancora?
Maurizio Morisco