Maurizio Pietro Morisco nasce a Milano il 3 dicembre 1964. E’ un operatore Shiatsu e scrive per la rivista “Arte Medica” e per la rivista di cultura e promozione sociale “Il Pensionato”. Offre qualche suo scritto a Slow Food – Condotta di Bari.
Il grano da millenni è fonte primaria di alimento per l’uomo. Non solo, la storia insegna che quando viene meno il pane quotidiano si generano sommosse di popolo – l’ultima avvenne nel 2010 in Egitto e la ricordiamo come la primavera araba – quando un piccolo commerciante si diede fuoco a protestare l’impossibilità di sfamare la sua famiglia.
Il pane non è solo cibo ma cultura, progresso sociale, base dell’economia dei bisogni essenziali – la più nobile secondo Aristotele – tanto che ancora oggi si usa dire: lavoro per portare il pane a casa.
Questa sana economia domestica incentivava gli scambi dove la stretta di mano sanciva l’accordo. Un tempo obliato dalle multinazionali, dai monopoli delle sementi che asfissiano il libero mercato.
Un riduzionismo economico e sociale che forse ha lo scopo di alienare, di separare i cittadini. Di fatto, le multinazionali non stanno risolvendo le due più gravi tragedie del nostro pianeta che sono la fame e l’inquinamento.
Ci stiamo separando gli uni dagli altri in un clima crescente di isolamento e sospetto generato da un sistema sociale che propende per la quantità a discapito della qualità, come dicevano i romani: divide et impera. Separa e domina.
Lo spazio di un’etica condivisa è invece il cuore dell’azione della rete dei semi rurali, del movimento biodinamico e biologico, di Slow Food che in Cina, tra settembre ed ottobre 2017, con 90 nazioni appartenenti alla sua rete mondiale ha redatto una carta di intenti con cui ci si impegna a curare e proteggere la terra.
Il senso di separazione che serpeggia nella società non riesce però a cancellare lo spirito di condivisione di cui abbiamo un esempio nel campo di grano quando le sue spighe maturano, tutte insieme, nel tempo di una notte. Tutte insieme.
Le gialle distese del tavoliere pugliese che ondeggiano alle folate di vento sono come un dipinto di Van Gogh e colpiscono per la loro intensità armonica. Forse non è un caso che la filosofia, il piacevole conversare, lo stare insieme, siano nati nella culla del Mediterraneo dove è presente il grano.
Dal grano viene il pane che spezziamo sulle nostre tavole. Ma lo spezzarsi del pane è il dividere per condividere, come per le cellule del corpo, un principio di vita che impastato con lievito ed acqua, matura nel calore di un forno così come il calore del sole matura le bionde spighe.
Questo recondito senso di comunione è la vera ricchezza che San Francesco sposò abbandonando ogni bene materiale ma la sua storia è un monito affinché si inizi a rispettare ed amare la terra altresì in futuro mendicheremo anche noi un tozzo di pane con la differenza che per Francesco si trattò di una scelta mentre per noi sarebbe una necessità.
La natura scissa dalla cultura in nome del profitto, produrrà solo povertà, tensione tra i popoli in quanto lo sfruttamento renderà sterile la terra. Se non vogliamo lasciare ai nostri figli una valle di lacrime iniziamo da ora a ricostituire la fratellanza con la natura vedendo in ogni uomo un cum panis, un compagno, con cui condividere gioie e dolori della vita. Con cui spezzare e condividere il pane quotidiano.
Maurizio Morisco
Grazie Maurizio. Il tuo si manifesta un aiuto prezioso per la condotta di Bari di slow Food
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anche io ho apprezzato molto questi post. Carmen
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Grazie Carmen
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