Roberto CAPONE
Amministratore Principale
Capo dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Sviluppo Rurale Sostenibili
CIHEAM-Bari
Come oggi si può assicurare a tutti in ogni momento un accesso fisico, economico e sociale a un cibo sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare i bisogni e le preferenze alimentari per una vita sana e attiva?
Rispondere a questa domanda significa risolvere il problema della Sicurezza alimentare e nutrizionale sostenibile sul nostro pianeta. Ed è una domanda alla quale i moderni Sistemi Alimentari finora non sono riusciti a dare una risposta efficace. E’ vero anche che sui Sistemi Alimentari mondiali oggi agiscono tante variabili che è necessario tenere in considerazione per comprendere a quali pressioni essi sono sottoposti.
Da una parte, abbiamo una domanda di prodotti alimentari in crescita, e lo sarà sempre di più visto che le stime della FAO ci dicono che nel 2050 saremo circa 9 miliardi. Tale domanda cresce non solo quantitativamente ma, come vedremo più avanti, l’aumento del reddito in alcuni paesi cambia anche la qualità della domanda. Inoltre all’incremento della domanda contribuisce anche lo sviluppo dei biocarburanti.
Dall’altra parte, abbiamo invece un’offerta stazionaria che ha già raggiunto un alto livello di sfruttamento delle risorse naturali (acqua, suoli e biodiversità) a cui dobbiamo sommare gli effetti del cambiamento climatico.
Quanto esposto in precedenza insieme con fattori congiunturali, politiche agricole ed esigenze d’innovazione e sostenibilità, contribuiscono a rendere i moderni Sistemi Alimentari inadeguati.
In particolare, essi non sono più sostenibili in quanto fortemente dipendenti dall’uso dell’energia fossile, dai prodotti chimici, dagli input energetici, dal trasporto su lunga distanza e dalla mano d’opera a basso costo.
Generano notevoli quantità di gas serra e favoriscono profonde alterazioni degli ecosistemi in termini di biodiversità, erosione del suolo,deforestazione, contaminazione chimica, carenza idrica, etc. Si basano prevalentemente su una limitata diversità di colture di interesse agronomico e di cultivar e razze e su una ridotta varietà di alimenti soggetti a trasformazione prima di essere consumati. Non solo non hanno risolto il problema della fame e della malnutrizione nel mondo, ma hanno generato anche problemi di sovrappeso ed obesità che non hanno risparmiato nemmeno i paesi del sud dove è in corso una vera e propria deriva alimentare.
La malnutrizione è definita come “una condizione fisiologica anomala causata da un consumo inadeguato, squilibrato o eccessivo di macronutrienti che forniscono energia alimentare (carboidrati, proteine e grassi) e micronutrienti (vitamine, e minerali) essenziali per lo sviluppo e la crescita fisica e cognitiva”. Questa condizione si manifesta in molte forme : denutrizione, sotto-nutrizione, carenze di micronutrienti, sovra nutrizione e obesità.
A tal proposito mi preme sottolineare che le recenti statistiche della FAO e dell’OMS ci dicono che il numero di persone che soffrono la fame è pari a quasi un miliardo, che sono circa tre miliardi le persone interessate da problemi di malnutrizione riguardante obesità, sovrappeso e carenze nutrizionali, due miliardi delle quali soffrono di carenza di micronutrienti come vitamina A, ferro o iodio e che anche i disturbi cronici correlati alla malnutrizione sono in forte crescita.
Anche i Paesi mediterranei (soprattutto Egitto, Malta, Turchia) non sfuggono a problemi di obesità e sovrappeso. Purtroppo anche in Italia numerose indagini hanno mostrato un aumento di sovrappeso e obesità. Secondo dati recenti, il 31% degli adulti risulta in sovrappeso e il 10% risulta obeso, mentre il 22,2% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso e il 10,6% in condizioni di obesità e il fenomeno è più diffuso al Sud, particolarmente in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata.
In linea generale questo accade perché i meccanismi che regolano l’alimentazione seguono sempre più il criterio della quantità piuttosto che quello della qualità. L’industrializzazione agricola e i trasporti su lunghe distanze, inoltre, hanno trasformato i carboidrati raffinati e i grassi in prodotti economici e di largo consumo, disponibili in tutto il mondo.
La dieta che oggi la maggior parte del mondo moderno segue è infatti ricca di carne, prodotti caseari, grassi e zuccheri tanto che si parla oggi di allineamento delle diete.
Il contributo più importante a tale fenomeno è dato, e lo darà sempre di più in futuro, dall’espansione della classe media nelle aree emergenti del pianeta.
Man mano che le popolazioni diventano più ricche, nelle loro diete i prodotti amidacei (come riso e farine) e non processati vengono sostituiti da prodotti a maggior contenuto proteico (come carne, latte e derivati) e da prodotti trasformati e a maggior valore aggiunto, promuovendo un processo di convergenza delle diete a livello globale.
Tutto ciò ha un effetto moltiplicatore anche sulla domanda di alcune materie prime agricole vegetali, come soia e grano, che sono anche alla base dell’alimentazione animale.
Ma il regime alimentare seguito da ognuno di noi ha un importante impatto non solo sulla nostra salute e sui mercati nazionali e internazionali ma anche sulle risorse naturali.
Infatti, produrre una fettina di manzo ha un impatto ambientale molto più alto che coltivare una zucchina e dunque il regime alimentare che noi tutti seguiamo ha inevitabili conseguenze sulle Risorse Naturali in termini di consumi idrici, emissioni di gas serra, perdita di biodiversità, etc.
La produzione e il consumo di cibo, infatti, generano un impatto ambientale in termini di emissioni di CO2, di consumo di terra e di risorse idriche che viene misurata attraverso l’utilizzo di indicatori quali l’Impronta Carbonio, Impronta Ecologica e Impronta Idrica.
Alla situazione delineata dobbiamo poi aggiungere un’ulteriore contraddizione, ossia, lo spreco alimentare.
Non solo produciamo in modo costoso e inefficiente, con forte impatto energetico ed ambientale. Ma spesso finisce che poi vanifichiamo tale risultato con uno spreco ancora peggiore nelle nostre case.
In linea generale, secondo le statistiche della FAO, circa un terzo del cibo prodotto a livello mondiale per il consumo umano che viene buttato o perso è pari a 1,3 miliardi di tonnellate circa. Frutta e verdura, insieme a radici e tuberi sono i primi a finire nei cassonetti.
Anche obesità e sovrappeso sono temi connessi allo spreco alimentare. Le relative statistiche le abbiamo viste in apertura della relazione e purtroppo, secondo le proiezioni dell’OMS, essi sono destinati a crescere ulteriormente. Questo fenomeno comporta diverse conseguenze negative oltre che per il singolo individuo, per la collettività in termini di maggiori costi sanitari. La spesa sanitaria sostenuta da una persona obesa è, infatti, in media il 25% più alta di quella di un soggetto normopeso.
Dato tale scenario, come dovrebbero cambiare i sistemi alimentari? Come dovrebbe essere e cos’è un Sistema alimentare Sostenibile? A quest’ultima domanda la risposta viene dalla seguente definizione: “È un sistema alimentare che garantisce la “sicurezza alimentare e nutrizionale” a tutti in modo tale che non siano compromesse le basi economiche, sociali ed ambientali per generare la sicurezza alimentare e nutrizionale delle future generazioni”[1].
Nel Regno Unito, la Sustainable Development Commission ha prodotto qualche anno fa recente un rapporto che registra insieme tutta una serie di aspetti finora tenuti in qualche modo separati.
Essi delineano come dovrebbero essere nel 21° secolo i sistemi alimentari: basati su diete sostenibili, a partire da sistemi produttivi sostenibili e riformando le aspirazioni dei consumatori intorno a tali diete.
Tali Sistemi alimentari dovranno quindi tenere presente alcuni aspetti:
– non possiamo continuare a mangiare nel modo in cui mangiamo oggi in quanto esistono problemi di risorse e di salute;
– è necessario ribilanciare i flussi finanziari entro le filiere. Infatti nel Regno Unito, come in Italia, su 100 £ spese dal consumatore circa 10 vanno all’agricoltura, 31 all’industria, 32 al commercio e 27 alla ristorazione;
– portare maggiore attenzione alla biodiversità nel campo e sulla tavola;
– far convergere l’attenzione all’ambiente e attenzione all’agricoltura, alla cultura, all’economia e alla salute.
Tali presupposti ci inducono a pensare che sia necessario intervenire con urgenza per mettere in atto una strategia che promuova e diffonda il concetto e l‘uso di Diete Sostenibili nei vari contesti in tutto il mondo, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, puntando alla biodiversità come fattore chiave per una produzione e un consumo alimentare sostenibili.
La definizione univoca di dieta sostenibile è una conquista del 2010, coniata durante il Simposio Internazionale sulla Biodiversità e la Sostenibilità delle Diete tenutosi a Roma presso la FAO: “Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono accettabili culturalmente, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane”.
Come si può dedurre da tale definizione le Diete Sostenibili ruotano intorno ad un approccio multi-settoriale che interessa nutrizione, salute umana, sviluppo economico e aspetti socio-culturali, stili di vita e, soprattutto, la biodiversità agraria e gli ecosistemi.
Ma tutto ciò richiede lo sviluppo di nuovi progetti e casi studio intesi a dimostrare le sinergie esistenti tra biodiversità, nutrizione, salute umana, economia e cultura a beneficio delle generazioni presenti e future.
Per tale motivo il CIHEAM-Bari e la FAO da qualche anno studiano tale tematica focalizzando l’attenzione sulla Sostenibilità dei Sistemi alimentari e delle Diete (utilizzando come caso studio la Dieta Mediterranea) sottolineando l’enorme importanza che assume il consumatore finale come volano per il cambiamento. Infatti le scelte del consumatore giocano un ruolo fondamentale nell’orientare la produzione, ne rappresenta un esempio il consumatore che preferisce alcuni prodotti provenienti da un luogo preciso (come ad esempio le DOP, DOC, etc.), o alcuni processi di trasformazione o di produzione (prodotti biologici) piuttosto che altri. Il consumo di alimenti è influenzato da una vasta gamma di fattori che includono la disponibilità, l’accessibilità e la scelta del cibo che possono, a loro volta, essere influenzati da geografia, demografia, reddito disponibile, status socio-economico, urbanizzazione, globalizzazione, religione, cultura, marketing e atteggiamento del consumatore.
Pertanto noi tutti dobbiamo essere consapevoli che abbiamo un grande potere da esercitare quotidianamente (quando ad esempio, riempiamo il carrello della spesa al supermercato, sprechiamo cibo nelle nostre case, etc.) attraverso la scelta di stili di vita e di abitudini alimentari “sostenibili”.
[1] Fonte: High Level Panel of Experts on Food Security and Nutrition (HLPE), 2014
Article très intéressant. Cette malnutrition liée à la pauvreté et aux groupes agro-industriels qui sèment leur malbouffe impliquent hélas les causes médicales des populations infectées
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Ottimo …grande Roberto!
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C’est un excellent site d’information, clair et précis.
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Muy interesante el artículo, en estos días es importante contar con fuentes de información fiables en temas tan delicados como éste. Enhorabuena y a seguir así!
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